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domenica 26 agosto 2012

[per elio] il cordoglio

Certe questioni, c’è solo un mezzo per investigarle («Poeta è una parola che non uso / di solito, ma occorre questa volta perché / respinti tutti i tipi di preti a consolarci non è ai poeti che tocca dichiararsi / nella nostra morte, ora, della morte illuminarci?»). La morte… alla lettera, o per metafora («quanto di morte noi circonda e quanto / tocca mutarne in vita per esistere / è diamante sul vetro, svolgimento / concreto d’uomo in storia che resiste»). Questione preminente, che tutte le riassume: “perché i figli di Prometeo sono di nuovo infelici?”. Una domanda che può sembrare uno scherzo da prete: e virtù di ogni buon soldato (tale, anche la stenodattilo Carla di anni diciassette) resta tenere la bocca chiusa («ma senza fantasia / come può immaginare di commuoversi?»). Certi nevrotici ammutiscono, altri si fanno funestamente logorroici. Il cordoglio: è roba da preti (o da poeti). Sanguineti sceglieva di risolvere in grande polifonia un referto clinico: anche il brago è una couche per acquattarcisi comodi, scaldati al tepore di questo purgatorio de l’inferno.

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