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lunedì 23 luglio 2012

[Pagliarani in U.S.A.] Telecamera II

Pagliarani in U.S.A.
Telecamera II

Cerco di ricordarmi di Amedeo. Com’è che fa Amedeo? Tiene fisso l’occhio. Fa qualche zoommata, poche. Inquadra per linee. Tengo presente la ripresa stupenda di Rosselli e Corso. Tengo presente la ripresa del Paglia sulle scale di Via Margutta. Tengo presente che l’occhio deve lasciare che parlino le mani del Paglia. Di striscio, in diagonale.
Ma Amedeo è abituato a reggere pesi. Perché per tenere una telecamera ci vuole un polso forte e una mano ferma, fermissima, cosa che non ho. Riuscire a cambiare cassetta in tempo. Riuscire ad evitare i fruscii. Riuscire a ricaricare per tempo la macchinina. E mentre si pensano, si fanno tutte queste cose, la loro lettura in duetto avanza e come si fa a perderla? Dunque per ansia di fissare la mano trema e il fruscio si fa sempre più forte. Eppure quei due sono stupendi. Fanno un duetto Pagliarani e Vangelisti. Sono sostenuti dalla stessa cosa. Dalla stessa scommessa – io tanto ho consegnato un biglietto/ c’è scritto che non rinuncio - vederli insieme in diagonale, creare io la diagonale, la voce di Paul che marca e costeggia quella del Paglia. Il Paglia che lo guarda come si guarderebbe un figlio più giovane. Chi se ne importa del fischio e del balletto delle immagini. Sono di scuola Pagliarani e non lo so. Sto ai margini. Sempre. Sto imparando. “ E non ho ancora finito di farlo”.
Le linee della poesia del Paglia. La circolarità non ossessiva del testo. Dirlo per immagini. Dirlo per sbaglio.

La violenza del sentire. L’essere qui adesso. Ci sta bene che sia spezzato dal mio dilettantismo. Non sono un regista Rai. Sono di scuola Pagliarani.

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